42

Poco fa mi sono trovato davanti una montagna.
Io mi diverto a salire sulle montagne. Non mi importa molto di quello che trovo in cima - anche se spesso, una volta lassù, vedere il mondo sottostante completamente racchiuso nel mio colpo d'occhio è in effetti piacevole. Tuttavia, non è certo questo che mi piace nelle montagne: quel che è divertente è scorrerne le pendici, fra un respiro e l'altro godersi la compagnia, e salire finchè la serotonina non ti annebbia il cervello. Così, trovatomi davanti una montagna, ho deciso lì per lì di salirci.
Dopo circa un'ora di cammino, un edificio religioso (non ricordo esattamente quale religione) trovava posto tra un fiumiciattolo ed una parete rocciosa. Incuriosito, ho deciso di avvicinarmici; un monaco mi ha salutato.
“Buongiorno.”
“Buongiorno. Posso fermarmi qui per un po'?”
“Certamente. Ma ti avverto: qui osserviamo la religione. ”
“Quindi?”
“Quindi, dedichiamo tutta la vita all'unico suo vero scopo.”

Già qui, la faccenda puzzava. Anche il monaco puzzava, e probabilmente anche io puzzavo, a causa della salita. In realtà, nella montagna, basta prestarci attenzione per un attimo e si notano un sacco di cose che puzzano. Se uno dovesse prestare attenzione ad ogni cosa, salire su una montagna sarebbe una questione estremamente maleodorante: ma mai quanto la faccenda, che, come dicevo, puzzava. A questo punto volevo però essere sicuro di ciò che il monaco stesse dicendo.

“E quale sarebbe, di grazia?”
“Ciò che è scritto nel libro: 十誡. Per questo, noi dobbiamo passare la nostra vita a pregare, perchè è l'unica cosa che può dare un senso ad ogni cosa.”

Sentito ciò, me ne sono andato immediatamente. Ho fumato una sigaretta, ed ho ripreso la salita, visto che, tutto sommato, essa procedeva in modo interessante.
Infatti, più in alto rispetto al monastero, ho trovato un altro edificio. Sperando di farmi quattro chiacchere, mi sono avvicinato all'ingresso. Da lì, ho scorto un ampio giardino, dove un gregge di persone dormiva sul prato. Solo uno di loro era sveglio, e costui mi si è avvicinato. Notando la mia faccia scettica, ha tentato di iniziare la conversazione in contropiede.

“Non ti preoccupare: non siamo anche noi monaci — (ride) — noi siamo un gruppo di strenui razionalisti.”
“E che diavolo fate qui?”
“Bè, in breve, abbiamo ricercato per anni quale condotta di vita può apportare la felicità massima per il maggior numero di individui; dopo aver ricavato che la maggior parte degli individui non sono ancora nati e che il maggior pericolo per il cosmo è la morte per entropia, abbiamo concluso che l'unico modo valido per vivere la propria vita è consumare il meno energia possibile, in modo da ridurre la crescita dell'entropia. ”
“E quindi che fate?”
“Nulla: di giorno dormiamo qui, di notte ci svegliamo, ci nutriamo di questa particolare erbaccia che abbiamo piantato in questo giardino, e osserviamo con molta attenzione il cielo stellato sopra di noi. Peraltro, abbiamo calcolato che questa routine massimizzerà la durata della nostra vita.”

Ovviamente, questo buffo scienziato non ha fatto in tempo a terminare questa frase che io ero già molto distante da lui. Per la precisione, stavo dormendo — pure io come i suoi compagni — ma mi era sembrato più bello riposare all'ombra di un albero particolarmente imponente. Risvegliatomi, non trovo nulla di meglio da fare che non arrivare fino in cima.
Sono fortunato, perchè la cima è effettivamente magnifica. Si notano molte cose dei paesini a valle. Si vede un lago, anche se non ho idea di che lago sia. Si vedono i tetti delle abitazioni dei razionalisti e dei monaci - chissà se loro li hanno mai visti, quei tetti?

Mentre sono assorto in queste considerazioni, un vecchio con una lunga barba mi si avvicina. “Ciao. Vuoi del fumo?”, mi dice.
Dopo un po', siamo particolarmente di buon umore, e la montagna sembra ancora più bella. Il vecchio sembra conoscermi da una vita.

“Allora - gli chiedo - che ci fai tu su questa montagna?”
Lui ride, ride un sacco. Glielo richiedo, anche se pure io sto ridendo.
“Non ne ho la più pallida idea”, dice ridendo.

Scendiamo. Non mi ricordo più neanche io perchè sono salito: forse ci sono salito perchè non avevo nulla di meglio da fare, forse ci sono salito addirittura perchè mi ci sono ritrovato costretto. Non ricordo, davvero. Era così tanto tempo fa. Così poco se vedi la vita nel suo insieme, ma questo è un errore che noi non compieremo.
Tutto ciò che so è che se non fossi salito, non sarei qui e non starei pensando quello che sto pensando, e non sarei la persona migliore che sono ora, o che mi auguro di essere, e non sarei la persona più felice che sono ora, o che mi auguro di essere. Chissà se sapevo dove mi avrebbe portato il futuro... ma sono salito.

Tutto il senso di ogni mia azione passata è compreso in questo istante. Ogni secondo che ho vissuto aveva un solo scopo: vivere questo momento.

Ogni istante è il senso ultimo della vita, nessuno escluso. Ogni tua fatica, ogni tuo sforzo, ogni tua azione, ogni volta che ti sei alzato presto, ogni volta che hai fatto ogni cosa che tu abbia mai fatto finora, ebbene, l'unico e l'ultimo senso che tutto ciò può avere e che ha mai potuto avere è solo ed unicamente questo piccolo granello:
il qui, e l'ora.




...ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla California, ciò che ci ha donato questo istante.

Voltaire, preghiera a Dio.



Posta un commento